Vai al contenuto

ITALIAN SOUNDING: UNA MINACCIA PER I PRODUTTORI ITALIANI

L’italianità e i prodotti italiani sono da sempre molto apprezzati all’estero e, per quanto riguarda il settore food, è risaputo quanto il valore della cucina italiana sia riconosciuto in tutto il mondo. Il cibo italiano, insieme a quello francese e spagnolo, risulta essere quello più amato (Brand Finance Food & Drinks, 2021). Tuttavia, per quanto apprezzino la cucina italiana, i consumatori stranieri faticano a riconoscere la differenza tra un cibo prodotto in Italia e un cibo dal nome italiano fatto da aziende che con l’Italia hanno ben poco a che vedere. Si tratta del rinomato fenomeno “Italian Sounding (letteralmente: “Suono italiano”) che, secondo i dati raccolti dalle dogane nell’ultimo anno, ha causato un danno di oltre 100 miliardi.

Italian Sounding: cos’è e perché è così diffuso

Per Italian Sounding si intende l’utilizzo di nomi, loghi, colori e anche slogan che richiamano l’italianità e che vengono utilizzati per spingere le vendite di prodotti che in realtà di italiano non hanno proprio nulla. Questo fenomeno riguarda diverse categorie alimentari: salumi e formaggi, vini, conserve, fino a pasta sughi e olio. Per esempio, tra i formaggi italiani più imitati troviamo il Parmigiano Reggiano, il Pecorino, la Mozzarella di Bufala, il Gorgonzola, il Grana Padano e l’Asiago; tra i salumi ci sono il prosciutto San Daniele e il salame, tra i vini compaiono il Prosecco e il Chianti.

Quanto è importante la minaccia dell’Italian Sounding?

A copiare il cibo italiano, secondo quanto riportato dalla Coldiretti, ci sono diversi Paesi, tra cui: Stati Uniti e Canada, Australia, Russia, Germania.Le analisi su questo fenomeno hanno rilevato che più di 2 prodotti italiani su 3, in realtà, non abbiano legami reali con l’Italia. Tuttavia, va anche specificato che è stato stimato che solo il 10% dell’Italian Sounding sia composto da prodotti identificabili come completamente falsi. Tutti gli altri sono prodotti che richiamano l’Italia ma che sono facilmente riconoscibili per un consumatore straniero come non italiani. Dunque, i consumatori all’estero difficilmente si fanno ingannare, accade invece più sovente che acquistino in piena consapevolezza prodotti “italiani” non originali (ne è un esempio il Parmesan americano) e che lo facciano perché non ne percepiscono la differenza con i veri prodotti Made In Italy.

parmigiano-reggiano

Talvolta, i meccanismi dei diversi canali distributivi implicano condizioni di vendita poco vantaggiose per il piccolo-medio produttore, che quindi ha necessità di risparmiare sugli acquisti delle materie prime. Questo può influire sul prodotto finale, con il conseguente rischio di portare all’estero prodotti di qualità inferiore proposti come “eccellenze italiane”. In alcuni casi, questo fenomeno impatta negativamente sulla fiducia nei consumatori stranieri. Questi, infatti, non riuscendo a percepire la differenza tra un prodotto italiano e un prodotto che “suona”italiano, scelgono il secondo perché lo percepiscono come di simile qualità ma con un miglior prezzo.

La soluzione: tornare a esportare solo prodotti di qualità

Questa situazione, per quanto infelice, mette in risalto gli ampi margini di crescita che le esportazioni italiane all’estero potrebbero registrare, qualora si operi in termini di tutela delle aziende produttrici e di aumento del valore percepito dei prodotti Made in Italy. Per questo, Touchpoint opera sostenendo i migliori produttori agroalimentari italiani, per portarne i prodotti all’estero e far scoprire ai consumatori stranieri il reale valore delle eccellenze che rispettano il rigore di produzione e i principi tipici del vero Made in Italy.